Daniela Fumarola, segretaria confederale della Cisl, una mamma su 4 lascia alla nascita del primo figlio. Come fermare questa fuga dal lavoro?
«Di sicuro favorendo le politiche di conciliazione tra vita e lavoro, evitando alla donna di dover scegliere a quale dedicarsi. Questo permetterebbe di condividere i pesi del lavoro e di cura, vivendo la famiglia in un clima di serenità, realizzando così il proprio progetto di vita. Per far questo, non bastano le sole politiche di welfare, occorre creare lavoro stabile, ben contrattualizzato, sicuro, perché questa crisi pandemica ha messo in evidenza quanto siano state le donne e i giovani a pagare un prezzo altissimo in termini di occupazione. Serve dunque attivare investimenti. L’opportunità che il PNRR offre non va assolutamente sprecata. E’ necessario inoltre rafforzare gli sgravi fiscali e contributivi stabilizzandoli per favorire l’assunzione e la permanenza delle donne nel mercato del lavoro. E’ una sfida che si vince se si esercita corresponsabilità tra Governo, Regioni, Enti locali, parti sociali».
Nei confronti delle mamme lavoratrici ci sono ancora troppi pregiudizi. La maternità, in molti casi, sul lavoro è vissuta come uno svantaggio. Come valorizzarla? E' possibile, secondo voi, trasformarla in una risorsa, una competenza da inserire nel curriculum?
«La maternità è un valore per la collettività e va dunque incentivata. Un’opportunità e non un costo per la società. Non possiamo assistere alla pubblicazione dei dati, sempre più preoccupanti, sulla denatalità e restare inermi. Dobbiamo incidere con determinazione sulle cause che la generano. L’ingresso delle donne nel mercato del lavoro permette la realizzazione personale, la realizzazione di un progetto di vita, aumenta il Pil del Paese come ci dimostrano i dati delle stime pubblicate».
Gli anni più critici per le mamme lavoratrici sono soprattutto i primi dalla nascita del bambino. In che modo sostenerle? E come conciliare le loro esigenze con quelle delle aziende in cui lavorano?
«Alle misure previste dal Governo, che abbiamo fortemente richiesto, va affiancata e rinforzata l’azione contrattuale nazionale, aziendale, territoriale, finalizzata a migliorare e valorizzare il lavoro femminile. Contrattare, infatti, per la Cisl significa promuovere la parità e le pari opportunità nei diversi contesti produttivi; prevenire e contrastare quelle forme di discriminazione che favoriscono ed alimentano segregazione e segmentazione lavorativa di genere. Ci sono già tanti accordi molto innovativi in diversi settori produttivi ed imprese per una migliore conciliazione tra lavoro e famiglia sul piano degli orari, del welfare integrativo, della assistenza per le donne madri. Ma bisogna fare di più».
In Italia il 73% del lavoro in famiglia è a carico delle donne. Come ridurre questo gap e favorire la condivisione?
«Agendo su due leve: la prima quella culturale. Perché si assuma l’idea che la genitorialità è di entrambi i genitori. Di conseguenza, i padri dovranno utilizzare al massimo la dotazione dei congedi parentali proseguendo, gradualmente, nell’estensione del congedo per i padri sempre in aggiunta a quello di maternità e prevedendo la possibilità di allungarlo attraverso una specifica previsione a livello contrattuale, unitamente ad un’integrazione economica. I paesi dove i congedi vengono usati dimostrano che per essere efficace il congedo deve essere individuale, non trasferibile e ben retribuito. Minore la perdita economica, maggiore la probabilità che il padre prenda il congedo. Ma, purtroppo, nonostante i tanti interventi in questo ambito, in Italia, la condivisione, resta un “affare di donne”. Ancora non siamo fattivamente in grado di creare le condizioni di ingresso, di permanenza e di competizione “alla pari” nel mercato del lavoro. La parità di retribuzione, ad esempio, sarebbe il più grande stimolo all'economia europea e solleverebbe milioni di donne dalla povertà. Eliminerebbe di fatto un’altra disparità, direttamente collegata alla prima, il gap pensionistico che vede nel nostro Paese le donne percepire un assegno di pensione inferiore di circa il 30% rispetto a quello degli uomini».
Congedi parentali, servizi per l'infanzia e scuola a tempo pieno. Che misure andrebbero prese per sostenere la maternità?
«Innanzitutto bisognerebbe estendere, rispetto al sistema di congedi e permessi legati alla genitorialità, con un forte investimento, la copertura retributiva del congedo parentale e agevolarne così anche l’utilizzo da parte dei padri. Sarebbe poi utile incentivare, per uomini e donne, forme di part-time lungo e favorire la flessibilità di orario in chiave “conciliativa”. Per quanto riguarda servizi per l’infanzia e la scuola è necessario un ampliamento numerico degli asili nido specialmente nel Meridione ed un riordino delle modalità di accesso basate sulla gratuità o, in alternativa, sulla compartecipazione al costo da parte delle famiglie secondo criteri di equità calibrati sull’ISEE. I costi elevatissimi di strutture dedicate all’infanzia sia pubbliche che private, infatti, ostacolano il processo di genitorialità, ma anche il rientro al lavoro di molte lavoratrici».
Lo smart working può rappresentare uno strumento per aiutare la maternità? Andrebbe regolato e come?
« Penso che lo smart working sia un’opportunità formidabile per coniugare produttività e benessere della lavoratrice, buona flessibilità e sostenibilità ambientale e sociale, inclusione e conciliazione vita-lavoro. Per fare questo occorre restituire la materia alla contrattazione per definire limiti sulle fasce orarie, prevedere il diritto alla disconnessione, fornire gli strumenti necessari per realizzarlo. Vanno contrastate tutte quelle storture che possono trasformare l’opportunità in difficoltà a partire dal rischio di isolamento, dal sovraccarico di responsabilità, dal burnout familiare».
Qual è stata la sua esperienza, diretta o indiretta, di conciliazione lavoro e maternità?
«Raccogliamo quotidianamente, attraverso un rapporto costante con le lavoratrici ed i lavoratori, nei luoghi di lavoro e nel territorio, richieste di sostegno. In tanti casi, il supporto dei nonni è fondamentale per sopperire alla carenza di strutture. In questo tempo di pandemia, le difficoltà sono aumentate e con esse anche le tensioni che purtroppo sono sfociate in forme di violenza anche estreme».