Non conoscono il risentimento, non elaborano retropensieri. Semplicemente sono. E questa attitudine a sospendere giudizi, verso gli altri e verso loro stessi, a me fa impazzire». Valeria Solarino, 42 anni, attrice che vanta una raffinata carriera tra cinema, teatro e televisione, compagna del regista Giovanni Veronesi, parla del “ruolo” che le ha cambiato la vita, quello accanto a Paco, golden retriever bianco, di due anni, «bellissimo», scherza, «ma non sa di esserlo». E sposta i riflettori su un mondo «quello dei cani che ho conosciuto da adulta», dove a dare spettacolo è «l’amore incondizionato» e gli unici copioni da “recitare” sono quelli «legati ai riti quotidiani».
Lei ha ricevuto molti premi. Per che cosa premierebbe il suo Paco?
«Ho un approccio contraddittorio con i riconoscimenti. Bisogna sempre dare il meglio, a prescindere dalle opinioni degli altri. Forse premierei Paco per non giudicarmi mai».
E quindi niente premi? Pisolini sul divano?
«Mai. Letti e divani vietati. E non mi piace dargli da mangiare mentre sono a tavola, mi sembra di allungare un’elemosina. L’unica eccezione è un pezzetto del mio pane tostato la mattina. Però gli organizzo magnifici pomeriggi a casa della sua amica del cuore».
Per la tv ha lavorato in due serie poliziesche, Maltese e Rocco Schiavone. C’erano colleghi a quattro zampe?
«Io non ho avuto esperienza dirette, ma ho sentito tanti racconti. E ho scoperto che non è vero che i cani poliziotto sono maltrattati. Mi hanno spiegato che apprendono tutto per gioco. Ma è su un set che ho avuto il mio primo incontro con dei cani. Era in La febbre. Da allora sono trascorsi tanti anni prima di farne entrare uno in casa. Se non fosse stato per Giovanni, forse non l’avrei mai preso».
Paco è il suo primo cane?
«No. È il secondo. Prima di lui c’è stato Vasco. Un flat coated retriever nero. Che non c’è più. Quando è morto mi faceva male il cuore, letteralmente. Mi ero detta che non ne avrei mai più preso un altro. Se Giovanni insisteva rispondevo che se Vasco era nero, il prossimo sarebbe dovuto essere bianco. Il giorno e la notte, perché non avrei potuto immaginare paragoni. Poi, per un intreccio di combinazioni è arrivato Paco. Ora il ricordo di Vasco è un pensiero dolce, non soltanto doloroso».
Insieme con il suo compagno, avete girato cinque film: Paco veniva sul set?
«Sul set impossibile, è un agitato. Andava all’asilo».
Chi si occupa di lui?
«Cibo, medicine, sopravvivenza, io. Giovanni si dedica all’insegnamento, giochi, lezioncine. Lo sfinisce».
Durante il lockdown c’è stato un bel po’ di tempo in più per dedicarsi ai cani.
«Loro felicissimi. Noi con tutto il lavoro fermo, un po’ meno».
I suoi progetti?
«Quest’estate siamo riusciti a girare Schiavone. Chissà quando andrà. Il film con Pif aspetta di uscire. E ho un progetto teatrale che vorrei fare dal vivo».
Streaming, no?
«Per un attore è dura non interagire con il pubblico. Ma non bisogna demonizzare lo streaming. Non è vero che toglie spettatori. Per il calcio in tv non è successo».
A proposito di tv, le è capitato di vedere film con cani?
«Hachiko meraviglioso, ma è duro. Si piange».
Pensa di ingrandire la sua famiglia a 4 zampe?
«Non ne comprerei altri. Ma a un trovatello non direi di no».
Non teme dispetti tra “fratelli”?
«Quando un cane fa un dispetto, dietro c’è sempre una reazione emotiva a qualcosa che lo ha impaurito. Hanno solo noi come riferimento. E questa responsabilità mi spaventa».
I cani stanno meglio con i bambini o con gli adulti?
«Da piccola non li ho avuti. E invece credo che i cani abbiano molto da insegnare. Soprattutto sul tema del rispetto».
Che cosa pensa di chi dice: meglio un cane di un uomo?
«Li voglio tutti e due. E non capisco perché dover scegliere».
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