La forma è sostanza. Lo è a maggior ragione quando di mezzo ci sono tanti soldi e la scelta di condividere o meno il futuro di un Paese senza divari di genere, con parità vera tra uomini e donne. Bene, se la forma è sostanza, viene il dubbio che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il nostro piano da presentare in Europa per ottenere i finanziamenti del Recovery Plan, abbia sottovalutato l’importanza che l’Europa attribuisce a una più incisiva presenza femminile nella gestione del futuro del Paese. Mettiamo a confronto i due Paesi del Mediterraneo che per molti versi vivono analoghe problematiche: Italia e Spagna. Ebbene la differenza salta subito agli occhi. Una “Espana sin brechas de genero”, una Spagna senza divari di genere è il titolo che compare subito, già nelle prime pagine del piano spagnolo ribattezzato Espana Puede!. Esattamente a pagina 24, subito dopo Espana digitale, l’altra linea guida giudicata fondamentale per tutti i Paesi europei e infatti indicata per tutti dal Next Generation Eu.
LA GERARCHIA
Dunque a pagina 24 il piano spagnolo dà subito dignità, stabilisce una gerarchia: la parità di genere è importante quanto l’innovazione digitale e la transizione a un’economia verde. Non sfugge il significato di aver volutamente inserito la necessità di una maggiore presenza femminile tra i temi che vengono considerati determinanti per la modernizzazione. Come tratta invece la parità di genere il nostro Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza? (ndr, non vi sfuggirà che Espana puede! con la forza del punto esclamativo è facile da memorizzare e trasmette energia. Il nostro titolo trasmette solo l’idea di un burocrate un po’ pigro che ha copiato il titolo pensato a Bruxelles e infatti presente in tutti i piani europei. Potevamo inventarne uno più efficace). Come lo tratta dunque? Con democristiana furbizia. Nel senso che c’è, per carità e non potrebbe essere altrimenti perché «ce lo chiede l’Europa», ma è sparso qua e là, in modo che non si noti troppo. Insomma: c’è ma non si vede. C’è perché bisognava metterlo ma insomma non diamogli troppa importanza. Sono sicura che se si chiedesse ragione di questa scelta, la risposta sarebbe: «Abbiamo voluto definire la parità di genere una priorità trasversale, perché si ritrova in più aspetti nevralgici del Piano, dalle politiche giovanili al riequilibrio territoriale». Tutto giusto, ma intanto per trovarne traccia bisogna andarla a cercare a pagina 135 (135) sotto il titolo «Inclusione e coesione» dove tra le righe dedicate agli Obiettivi generali delle Missione si legge «sostenere l’imprenditoria femminile come strumento di autonomia economica». Se proprio le serviva un pretesto per dimettersi, la già ministra delle Pari Opportunità Elena Bonetti avrebbe dovuto prendere al volo questo. Invece su un tema che rientrava sotto la sua competenza e responsabilità Bonetti non ha fatto un plissé.
IL CASO FRANCIA
Si dirà: neppure il piano francese, France Relance, fa della parità di genere un punto gerarchicamente di rilievo. Vero, ma la Francia ne ha molto meno bisogno. Pensate che un mese fa l’organo deputato al controllo di come e quanto la parità di genere sia in vigore nelle istituzioni francesi, ha perfino multato la sindaca di Parigi, Anne Hildalgo, perché in una recente tornata di nomine le funzionari erano state promosse in quantità giudicata eccessiva rispetto al ridotto numero di uomini promossi. Insomma, se la forma è sostanza, ritrovare solo a pagina 135 un tema di vitale importanza per la crescita italiana non fa ben sperare. Nel nostro Paese ci si entusiasma per Joe Biden che ha nominato donne nei posti chiave della sua amministrazione (il 61 per cento di presenza femminile). Si scrivono pagine sull’avanzata dell’Estonia, paese assai digitale e dunque moderno tanto da avere donne alla presidenza della Repubblica, alla presidenza del consiglio, alle finanze, agli Esteri e via elencando. Ci si rallegra per gli altri ma alla prova dei fatti si infila la parità di genere a pag 135 della nuova Bibbia per il rilancio del Paese. Se tanto mi da tanto quando si formerà un Conte ter o un nuovo governo bisognerà tenere gli occhi più che aperti. Meglio tenerli spalancati.
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