Diversity, equity, inclusività: sono le parole d’ordine di Amazon Studios e valgono per i progetti concepiti e realizzati nel mondo intero. In Italia li ha fatti suoi Nicole Morganti, milanese, studi internazionali, due figli, dal 2019 in forza alla piattaforma in cui, da aprile 2020, è Head of Amazon Originals, capo delle produzioni originali, dopo aver maturato una solida esperienza professionale a Mtv, Discovery, Sky. La sua è una storia esemplare di women’s empowerment: Nicole si è fatta strada sul campo, sfidando ostacoli e stereotipi. Ma testimonia anche i cambiamenti in atto nel costume e in particolare nell’audiovisivo dove la connotazione femminile è sempre più forte in termini di potere e, a livello narrativo, dà origine a storie sempre meno convenzionali. Tra i progetti di Prime Video spiccano infatti la nuova serie originale “Bang Bang Baby”, il film “Anni da cane” mentre il reality per Vip “Celebrity Hunted 2: Caccia all’uomo”, che si conclude il 25, ha puntato su quattro mattatrici: Vanessa Incontrada, Diletta Leotta, Elodie e Miss Keta.
Perché avete scelto proprio loro?
«Sono ragazze forti, sicure di sé, dotate di ironia. Vanessa, dolce e professionale, ha raggiunto l’obiettivo che ogni donna dovrebbe darsi, cioè piacersi come si è. Diletta si è affermata in un mondo maschile come il calcio. Elodie e Miss Keta, messe in coppia proprio da noi, si sono molto legate dimostrando che l’amicizia femminile è possibile».
Di cosa parla la serie “Bang Bang Baby”?
«È un crime drama ambientato a Milano alla fine degli anni Ottanta e racconta la storia di un’adolescente timida e insicura (l’attrice Arianna Becheroni) che diventa il membro più giovane di un’organizzazione criminale. Non per soldi, ambizione o desiderio di potere, ma per conquistare l’amore di suo padre. È una storia dunque molto diversa dalle fiction che si vedono abitualmente in tv».
E il film “Anni da cane”?
«È una commedia “young adult” diretta da Fabio Mollo e ha per protagonista Aurora Giovinazzo nei panni di una sedicenne impacciata, cinica, piena di immaginazione che dopo un incidente in auto, in cui è coinvolto anche un animale, si convince che i suoi anni vadano contati come quelli dei cani. Pensando di essere una centenaria, stila una lista di tutte le cose che vuole fare prima di morire».
La televisione promuove più facilmente di altri ambienti la crescita femminile?
«In un certo senso sì. In tv l’organizzazione è fondamentale e noi donne possiamo garantirla perché siamo multitasking. Si stanno facendo dei passi avanti ma perché il potere femminile cresca davvero la strada è ancora lunga. Sono però le donne stesse a doverlo reclamare».
Lei è mai stata vittima di discriminazioni o stereotipi?
«Certo, da dove comincio? Una donna che lavora in tv deve sembrare un maschio e se ha una famiglia e dei figli, come me, viene considerata strana. Io ho lavorato anche in gravidanza ma cercando di farlo dimenticare per non essere percepita come un “bug”, un’anomalia del sistema. Vorrei tanto che la vita professionale delle donne non fosse improntata al sacrificio: possiamo avere sia una vita privata sia il successo. Per fortuna le ragazze oggi sono più sicure di sé e consapevoli di questo diritto».
Ma esiste, a livello narrativo, lo sguardo femminile?
«Certo, e si esprime sia nella scrittura di storie non convenzionali in cui le donne non siano per forza sottomesse o innamorate, sia in sede di creazione: ad esempio la presenza della sceneggiatrice Ludovica Rampoldi nel team di autori della serie “The Bad Guy”, un crime in chiave di dark comedy, garantirà al prodotto una connotazione diversa».
Qual è la sfida più importante per le donne in tv?
«Far valere l’ironia, una caratteristica tipicamente femminile, e puntare a dimostrare non tanto che si è più brave quanto piuttosto che si è sé stesse». E la sfida a cui lei personalmente tiene di più? «Riuscire a creare una linea editoriale capace di mescolare i generi, sorprendere, spiazzare. E soprattutto scardinare i paletti e gli stereotipi di genere».
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