Ormai per strada non cammina più serenamente. Valentina Giacinti è riconosciuta da tutti, anche da chi il calcio femminile lo segue poco.
Quest’anno ha fatto il Double con la Roma vincendo Scudetto e Coppa Italia (record d’ascolti, quasi 600mila persone collegate in tv) dopo una clamorosa rimonta contro la Fiorentina. Insieme a Viens è stata quella che ha segnato di più: 18 gol stagionali.
E quella Coppa per lei era un tabù, visto che era riuscita a perdere tre finali, una proprio contro le giallorosse quando aveva la fascia al braccio da capitana del Milan. Maledizione interrotta.
Giacinti, ha segnato ma si è beccata anche un pugno in faccia. Come sta?
«La botta è passata. Quando è arrivato il pallone mi sono detta che non potevo non metterci la testa. Vada come vada ho pensato. Quando ho sentito il boato ho capito di aver fatto gol. Ero felicissima».
È stata dura però.
«Sul 3-1 pensavamo al peggio. Perché era difficile recuperare. Ma abbiamo dimostrato di essere un gruppo unito. Il lavoro ripaga sempre, c’è poco da fare».
È arrivato anche il secondo scudetto: ci credevate dall’inizio?
«Da dentro sapevamo di essere una grande squadra e di aver aggiunto valori importanti. Forse ci aspettavamo qualche passo falso in più. Abbiamo fatto un’impresa».
Beh, qualche passo falso tra dicembre e gennaio c’è stato.
«E c’è ancora un po’ di rammarico. La cosa che più mi pesa è aver perso la Supercoppa. La testa voleva fare alcune cose ma le gambe non ci hanno aiutate».
Sui social ha oltre 200mila seguaci. Sente la responsabilità di essere una che trascina il movimento?
«Sì, la sento. Ma sono felice perché alcune cose mi fanno emozionare. Anche al Giulio Onesti dove ci alleniamo ci sono molti ragazzini che mi vedono e si mettono a correre per chiedermi una foto. Non ti aspetti che loro guardino le nostre partite. Un grande segnale, come se non esistessero più degli stereotipi. Il calcio è calcio e basta».
Anche nella Roma ha esordito in questa stagione una ragazzina…
«Sì, Giulia Galli. Mettere piede a 16 anni dentro la prima squadra non è semplice. Poi mi ha scritto in privato che sono stata sempre il suo punto di riferimento. Non lo sapevo e mi ha riempito d’orgoglio».
E lei punti di riferimento ne ha avuti?
«Pochissimi. E anche un po’ più tardi. Avevo 8-9 anni e ho iniziato a seguire Patrizia Panico e Melania Gabbiadini. Ma non è stato semplice vederle dal vivo».
Perché?
«Andare da Bergamo a Verona per una partita di calcio femminile era raro. Adesso per fortuna c’è anche la tv».
Le cose sono cambiate. Quest’anno in Serie A c’è stata anche una terna composta tutta da donne.
«Bello, ma deve diventare una normalità e non una notizia. Però se riduciamo un errore al sesso non è giusto. Bisogna pensare al ruolo di quel momento e basta. È un arbitro. Donna o maschio che sia cambia poco. E poi tutti sbagliano».
Ma il professionismo vi ha aiutate?
«Era necessario, perché noi abbiamo dedicato e dedichiamo la vita allo sport. Ci servivano più tutele».
Chi ha creduto più in lei?
«In particolare nessuno. Ma sicuramente la mia famiglia e i miei amici più stretti mi hanno aiutata».
Però dopo lo scudetto dell’anno scorso ha svelato che quando era al Milan ha pensato di smettere. Cos’è successo?
«Una calciatrice deve sentirsi bene in un posto, deve sentire l’affetto. Adesso non voglio pensare a quello che è successo, mi stanca farlo. La cosa positiva è che sono riuscita a voltare pagina. Sono felice».
Il suo contratto scade nel 2025 ma ha comprato casa a Roma. Deve dire qualcosa ai tifosi?
«Ho comprato casa a Roma perché dove vivevo prima non riuscivo a vedere il tramonto. E questa cosa mi dava proprio noia. Rinnovo? Sto parlando con la società e sono serena. Vediamo come si conclude».
Esulta mostrando le unghie e la Roma piazza una leonessa come emoticon. Ma la chiamano così le compagne?
«No, o mi chiamano Vale o Giaci. Non ho un soprannome».
Meglio giocare da sola davanti o con Viens?
«Dipende dalle situazioni. Quando gioco da solo devo fare un certo tipo di lavoro. Invece con lei ho più spazio per attaccare la profondità».
Che poi questo movimento lo fa come poche in Italia.
«Sì, penso che sia la mia dote migliore. Oltre a vedere e sentire la porta».
Alziamo l’asticella e pensiamo all’Europa: questa Roma l’anno prossimo può arrivare in fondo?
«Abbiamo fatto meglio in Champions League rispetto all’anno precedente nonostante siamo uscite al girone. Con qualche innesto potremmo fare meglio, ne sono sicura. Ma giocare ogni tre giorni non è semplice e qualcosa devi lasciare».