Amata dal pubblico, appassionata, generosa, sempre pronta a metterci la faccia quando si tratta di difendere una giusta causa: oggi, al Senato, Claudia Gerini sarà il volto e la voce della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne. L’attrice romana, 49 anni, attualmente al montaggio del suo primo film da regista Tapirulàn, leggerà alcuni testi letterari e poetici sul tema alla presenza della presidente Elisabetta Alberti Casellati, da sempre impegnatissima su questo fronte. Intanto, nei giorni scorsi, Gerini ha aderito al flashmob #call4margherita lanciato a ActionAid per incitare il governo a investire maggiori risorse contro la violenza di genere.
Dal set al Senato: qual è il suo stato d’animo?
«Sono emozionata e onorata di prestare la mia voce a una battaglia sacrosanta. Bisogna tenere i riflettori puntati su una tragedia che si consuma purtroppo da secoli e della quale si parla molto, ma si fa ancora troppo poco».
Da quando è sensibile a questo tema?
«Da una decina d’anni. Prima ho conosciuto Telefono Rosa, scoprendo le storie terribili che si nascondono dietro ogni chiamata e il lavoro prezioso delle volontarie. Oggi appoggio anche ActionAid e l’avvocata anti-violenza Geraldine Pagano che si batte per istituire il Tribunale della Famiglia».
Di cosa si tratta?
«È un’istituzione specifica destinata a gestire i casi, spesso delicatissimi, di abusi e violenze domestiche in cui siano coinvolti anche i minori. Ho deciso di mettere la mia popolarità al servizio di questa battaglia che riguarda tutte le donne indistintamente. Non è questione di ignoranza o degrado sociale: il problema si annida anche in famiglie insospettabili di borghesi o intellettuali».
Ha conosciuto da vicino qualche storia drammatica?
«Purtroppo sì. Ho sostenuto mia cugina separata da un uomo che aveva scatti di violenza imprevedibili. Ho cercato di restituire l’autostima a una mia amica che veniva regolarmente denigrata dal compagno. Non esiste soltanto la violenza fisica: molte donne sono vittime di insulti, offese, vessazioni psicologiche che, al pari delle percosse, producono un effetto devastante».
Ma perché, secondo lei, molte stentano a denunciare?
«Perché non si sentono abbastanza tutelate. Non basta rivolgersi alle forze dell’ordine: e poi cosa fai, dove vai con i figli, come ti mantieni? Così, piuttosto che affrontare l’ignoto, molte donne preferiscono subire una situazione che già conoscono e s’illudono di poter gestire. Servono leggi e fondi per garantire un rifugio e il sostentamento a chi ha il coraggio di ribellarsi».
Le è mai capitato di incontrare un uomo che, a istinto, le è parso potenzialmente capace di commettere abusi?
«Mai, per fortuna. Ma sono sempre stata alla larga dai narcisi: sono pericolosi perché dietro la loro presunta superiorità si nasconde spesso la tendenza alla sopraffazione. Possono esercitare una forma subdola di violenza psicologica».
Qual è la scopo dell’azione #call4margherita?
«Protestare contro il mancato stanziamento di fondi contro la violenza di genere. Se ancora oggi molte donne chiamano la polizia fingendo di ordinare una pizza per salvarsi dal compagno brutale, significa che la pizza è uno strumento per salvarsi la vita e vale i fondi che i governi dovrebbero erogare».
Come insegna a difendersi alle sue figlie Rosa, di 17 anni, e Linda di 12?
«Le spingo ad essere consapevoli tenendo sempre gli occhi aperti: anche in discoteca, accettando bevande solo dal barman. Non voglio mettere le ragazze sotto una campana di vetro, ma l’uomo non può considerarci prede: bisogna farsi rispettare, soprattutto mantenere la propria volontà in ogni circostanza».