Nella filosofia cinese lo yin e lo yang sono due energie opposte, necessarie e che si completano a vicenda. Fuse tra loro diventano il simbolo dell’armonia, che produce equilibrio. Giada Zhang, 26 anni appena compiuti, amministratrice unica della Mulan Group, azienda che produce e distribuisce piatti pronti cinesi nello stabilimento di Cremona, è la personificazione di yin e yang. Nata in Italia da genitori cinesi, è cresciuta nella cucina del ristorante di famiglia, ha imparato ad apprezzare il bello delle due culture e ha spiccato il volo. Forbes l’ha inserita nella lista degli imprenditori under 30 più promettenti d’Europa.
Italo-cinese, giovane imprenditrice e donna. Quanti soffitti di cristallo ha dovuto infrangere per arrivare fin qui?
«Sono nata in una famiglia cinese trasferitasi in Italia, papà, mamma e tre figlie femmine. Nella cultura cinese, quando arriva un bambino, si preferisce sempre un maschio a una femmina. Quando avevo quattro anni i miei genitori mi hanno portato al cinema a vedere Mulan, che è un po’ l’equivalente asiatico di Giovanna d’Arco. Mi hanno detto: “Vogliamo che tu veda questo film perché sarai una guerriera. Non ci sono differenze tra donne e uomini e potrai combattere con loro ad armi pari”. Ho studiato, mi sono laureata alla Bocconi in International economics and management. In azienda crediamo molto nella parità di genere: ci sono più donne che uomini e la sede, guarda caso, si trova in Via delle Pari Opportunità. Ho anche fondato un’associazione per le donne che lavorano nella finanza, seleziona ragazze talentuose e promettenti per corsi di formazione e per dare a chi entra in quel mondo consapevolezza delle proprie capacità».
Quale aspetto ha fatto suo dell’Italia e quale della Cina?
«Entrambe le culture mi hanno insegnato molto. Da una vita mi sento chiedere: ti senti più italiana o più cinese? Mi sforzavo sempre di rispondere scegliendo l’una o l’altra, ma con il tempo ho capito che dovevo prendere le parti migliori e farle mie. Dell’Italia ho imparato ad apprezzare la bellezza dell’arte, il buon cibo e anche la capacità di godersi la vita, della Cina il duro lavoro e il sacrificio. Il risultato è ciò che siamo io e la mia azienda, un mix di persone asiatiche ed europee con valori comuni».
Una coesione non facile da raggiungere.
«Da bambina mi sentivo metà e metà, a scuola mi guardavano in modo diverso. Ma crescendo ho imparato ad apprezzare le mie differenze e sono diventate punti di forza, una ricchezza. L’ambiente in cui sono cresciuta ha contato molto, lavorare nel mondo della ristorazione senza orari fissi e sacrificarsi tanto è stato l’esempio. C’è un aneddoto della mia vita illuminante: i miei genitori speravano che nascessi di lunedì, perché era il giorno di riposo del locale. Mi hanno insegnato a lavorare tanto e a puntare a una vita migliore».
È riuscita a trasformare Mulan Group in un piccolo impero del cibo asiatico.
«L’idea ci è venuta partendo proprio dal ristorante. In Italia la cucina cinese è apprezzata e ci siamo detti: perché non portarla su ampia scala? Realizziamo prodotti freschi che distribuiamo nei supermercati. Involtini primavera, spaghetti di soia, riso cantonese, tutti con prodotti al 95% italiani. Partendo dallo stabilimento di Cremona siamo arrivati a confezionare cinque, sei milioni di piatti all’anno e con il nostro piano di espansione siamo sbarcati sui mercati esteri. Celebriamo la fusione delle due cucine più apprezzate in Europa, quella italiana e quella cinese. Il cibo è lo strumento più forte di linguaggio culturale e io faccio da mediatrice».
Qual è il suo piatto preferito della cucina cinese e quello italiano?
«I ravioli cinesi e le lasagne, buone come le fanno a Bologna. Quello che accomuna molto le due tradizioni culinarie è quanto amore e tempo si mette in ogni piatto».
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