Me l’immagino poggiata su un prato verde la casa di Diletta Leotta. Perché in campo lei c’è scesa da sempre e intorno al rettangolo di gioco del calcio, maschile o femminile, ha legato successo, storia, affetti, affermazione ed è anche entrata decisa nell’immaginario nazionale. Al fianco della “sua” DAZN per lanciare un’altra discesa in campo: la tv digitale non trasmetterà solo per i prossimi anni la serie A dei maschi, ma – dopo la Uefa Women’s Champions League – ecco anche la serie A femminile italiana.
In campo ci va il compagno Loris Karius, portiere tedesco del Newcastle, con cui ha avuto Aria, la loro primogenita. «Il calcio è stato importantissimo per me, quasi un destino. Il calcio mi ha regalato emozioni incredibili e – dice Diletta da Siviglia dove per DAZN segue il derby andaluso – può essere utilissimo per vincere una battaglia che mi sta tanto a cuore: ne parlate sul vostro giornale giustamente, ma sulla violenza i messaggi che lancia la serie A in un ambiente ancora molto maschile come il calcio è importante. Quando scende in campo un campione è un messaggio forte, che aiuta a sensibilizzare. In ogni caso vorrei dirlo con parole forti, mi limito a dire: non ne possiamo più».
Voleva dire che vi siete rotte etc.
«Sì, volevo dirlo con una parolaccia. Ma va bene così: un grido di pancia».
Torniamo al calcio come centro di gravità permanente per Diletta.
«La mia storia sta diventando anche quella di coinvolgere in questo fenomeno straordinario tante donne insieme a me, attorno a me, con me: penso a quel selfie bellissimo che con DAZN abbiamo scattato proprio prima di uno Juve-Chelsea di Woman Champions League. Eravamo tutte donne, quella sera, a raccontare donne che giocavano: quasi una provocazione, no? Davanti alle telecamere, dietro le quinte: un’autrice donna, una ragazza bravissima che nell’auricolare mi aiutava nella cronaca, una addetta alle riprese con la steady-cam romana-spagnola bravissima».
Si racconterà una serie A di donne che cominciano a essere dei punti di riferimento per le ragazze d’Italia.
«Io sarò la prima tifosa della serie A di DAZN: molte di quelle ragazze le ho conosciute realizzando lo speciale per la preparazione del mondiale delle azzurra».
I suoi punti di riferimento?
«Cristiana Girelli è un punto di riferimento, simpatica e carismatica: una donna forte. Poi Sara Gama, vero pilastro della Juve e azzurra. Mi ha colpito il rapporto di amicizia creato in quel gruppo. E la capacità da leader emotivo della Girelli che si prendeva in giro con la Simonetti, rivale in A (Girelli juventina, Simonetti interista, ndr) che la sfida la portavano sul look. Simonetti è una che punta poco al glam, aveva delle ciabatte un po’ grunge che Girelli prendeva in giro senza pietà».
E come calciatrice, Leotta com’è?
«Una volta in campo con le azzurre sono scesa anch’io: me la cavo meglio al microfono… Però vivo la gara un po’ come loro: la sera prima della telecronaca sono “in ritiro” anche io. In stanza a studiare statistiche e testi per il giorno dopo».
Cori, striscioni, un po’ di catcalling e tante emozioni. Diletta in campo: quali le emozioni più forti?
«Beh, la vittoria dello scudetto del Napoli di Spalletti è stata una grande emozione. Ero incinta e gli ormoni mi facevano sentire tutto amplificato, forse. Non dimenticherò il caffè del magazziniere Starace servito mentre eravamo in diretta e divenuto scena cult: era lo stesso che portava il caffè a Maradona. Poi ha portato fortuna ed è diventata una tradizione questa del caffè ai bordocampisti di Dazn. Vedere le lacrime di un omone come Spalletti allo scudetto mi ha colpito. Piangevo tanto: io non ero così facile alle lacrime, prima di Aria…».
E Aria sarà una calciatrice?
«Il papà calciatore non vuole, a me piacerebbe. Poi sia quel che sia. In ogni caso vorrei fosse una sportiva: io ho praticato calcio, scherma, tennis, pattinaggio. Ero brava davvero solo nel nuoto, non come la Pellegrini però. In ogni caso a me è servito tanto lo sport per la mia formazione».
Il calcio nel destino: la storia con Karius…
«Davvero incredibile per due protagonisti del calcio, trovarsi come ragazzi di una volta. In un ristorante, a Parigi, senza sapere chi avevamo di fronte: ci siamo trovati così, senza social… Due biondi, uno tedesco e una siciliana, magari discendente dai normanni, ma pur sempre catanese».
In tv prima Ilaria D’Amico, poi lei avete sancito un salto di genere dopo i tempi di Galagoal di Alba Parietti.
«Ilaria è stato un riferimento per me: resterà nella storia di quella squadra campione del mondo che nel 2006, a fianco degli azzurri, ha fatto l’impresa a Sky. Vorrei proprio ritrovarla presto: mi manca tantissimo. È stata mia mentore anche nel podcast Mamma Dilettante: volevo sapere da lei com’era fare la giornalista tv e la mamma al tempo stesso. Quando fui presa da Sky per il bordocampo della B, mi sono sentita realizzata. Sono super-orgogliosa di aver seguito quella scia. Sui campi di B vedevo gli striscioni per me e sentivo i cori: ho capito che ce la stavo facendo».
Negli stadi il rumore di fondo è anche quello del catcalling, però, il coro becero parte.
«Non esagerano con me, direi. Li neutralizzo con educazione facendo parlare il mio lavoro. Io dico che a DAZN ci focalizziamo sul lavoro che facciamo: le calciatrici in campo le raccontiamo per come giocano, le giornaliste per quello che dicono. Eppoi con serietà, garbo e autoironia si supera».
Il passaggio in Spagna: proprio il Paese campione del mondo di calcio femminile e di polemiche per il bacio costato il posto al presidente della Federazione.
«Il movimento è cresciuto tanto, con la serie A su DAZN lo vedrete. Ma ci sono tantissimi tabù da abbattere, non solo nel calcio come vediamo. Basta aprire i social dopo ogni mio post: ci sono tabù radicati su cosa si possa o non si possa fare. Un bel lavoro lo facciamo già, ma il cammino è lungo».
Da bordocampo si guardano gli spalti, lei ha un osservatorio privilegiato sugli stadi.
«Il popolo dal calcio in questi anni è cambiato molto: ci sono più donne, più famiglie con bambini. E ai big match a San Siro vedi sfilare influencer e tanti vip dello spettacolo. È come alle sfilate o a un grande concerto, un derby o uno Juve-Inter. È diventato cool esserci ed eterogeneo il popolo del calcio».
Leotta e Dazn.
«Eravamo bambini, io e quell’app agli esordi. C’eravamo io, Paolo Maldini e un operatore: passavamo il tempo a spiegare che si pronunciava “dazon”. Siamo cresciuti insieme: ma fui orgogliosissima di essere il volto di un Over The top che stava per stravolgere il calcio con il web. Abbiamo scommesso reciprocamente: mi pare abbiamo vinto io e DAZN».
Il calcio è quasi tutto. Ma c’è stata la notte di Sanremo, c’è il podcast Mamma Dilettante, ci sono Radio 105 e la diretta. Il futuro è un programma di intrattenimento?
«Ci penso, certo. A Radio 105 è intrattenimento puro, in diretta, tutto a braccio, estemporaneamente: una palestra essenziale. L’empatia che viene per la tua voce e non per l’immagine che hai».
Come il podcast.
«Il legame che crea la voce è più profondo. Con Mamma Dilettante è nato un podcast a uso personale – scherza Diletta –, sentire le esperienze delle altre mamme mi è stato utilissimo. E a breve partirà la seconda edizione. Bello avere con noi anche i padri per scelta, scoprire che famiglia è dove c’è amore».
Dopo il podcast, la mamma di Aria farà il bis?
«Io penso proprio di sì. Vengo da una famiglia molto numerosa: siamo cinque fratelli. Il parto è stato un’esperienza dura, ma il corpo dimentica e comunque voglio un secondo figlio: superiamo la media nazionale. Non arriverò a cinque, ma a due sì. E se sarà un maschio sarà bello educarlo al rispetto delle donne».