Allora, Valentina Romani sarebbe una perfetta inquilina della porta accanto (meglio se Porta Rossa, visto il ruolo chiave nella serie di Raidue). Oppure una compagna d’università che condivide la tua ansia prima dell’esame. Solo che Valentina è una delle più brillanti ed emergenti attrici della nuova generazione che nasce nelle serie super cult (da Skam a Mare Fuori), finisce nelle fiction (Tutto può succedere, Che Dio ci aiuti, Questo è il mio paese) e trova ruoli importanti nel cinema d’autore (Il sol dell’Avvenire con Nanni Moretti e Un Bacio di Cotroneo). E allora per Valentina, romana della Balduina e mezzo cuore lasciato nella casa con vista sull’alba a Porto Santo Stefano, oggi è difficile vivere quelle cose che una ragazza di 27 anni vive. Naditza, il ruolo della zingara di Mare Fuori, è quella cosa che le impedisce – per esempio – di viversi il thrilling da esame universitario (ci tiene da morire a laurearsi) in Scienze della Comunicazione.
Allora, Valentina: dopo i due premi Biraghi ai Nastri d’argento, arriva prima il David o la laurea?
«A me tremano le gambe quando mi premiano. Ma anche quando vado a fare gli esami. Ma una cosa è sicura: io mi laureerò. Ecco, l’università per me che ho cominciato da bambina con la passione, quasi l’ossessione per la recitazione e che a queste ho dedicato tutto, è una cosa importante: i libri degli esami, quando non ho un set troppo impegnativo, sono un compagno di viaggio. Qualcosa che mi riconsegna quello che della vita ordinaria di una ragazza della mia età mi è mancato. Da attore precipiti subito in un mondo adulto, professionale, di lavoro. Salti i passaggi. Quando vado a dare gli esami mi sento una di loro, a volte devo anche chiedere alle compagne di sorte di evitare il selfie prima dell’esame. Sto in ansia come voi, vi prego… E si ride. Comunque, capita che mi facciano le stories mentre sono lì che ripeto da sola in corridoio…».
Una definizione di Valentina data da Valentina.
«Sono un’anima curiosa. E di sicuro sono una che nella recitazione coinvolge tutto quello che ha intorno».
In che senso?
«Mi chiedono spesso dove è cominciato tutto: a Porto Santo Stefano, la casa d’estate dove coinvolgevo i cuginetti in recite nelle quali facevo la regista. E costringevo tutti ad assistere a questi spettacolini. Dove c’era una recita, c’ero io».
Anima curiosa, regista fin da bambina e ora il film di Nanni Moretti.
«Esperienza incredibile: essere sua figlia nel film, ma soprattutto essere sul suo set. Giro da tanti anni ma un’attenzione così maniacale per quello che è un set come nei giorni di lavoro con Nanni è qualcosa che ti segna e insegna».
In testa c’è questa idea di prendersi la responsabilità di una regia. Come quando era bambina?
«Perché no, in futuro magari: mi piace prendermi responsabilità e anche dialogare con i registi. Anche se la mia dimensione parallela è quella della scrittura».
Cioè?
«Io scrivo, scrivo molto, scrivo sempre. Scrivo storie, scrivo diari e penso che la scrittura sia un potere e che nelle storie risieda un grande potere. In Un Bacio di Cotroneo il racconto di quei personaggi sui temi dell’omofobia ha formato una coscienza in noi che lo giravamo e in chi lo vedeva».
Anche con Mare Fuori è successo, spesso i suoi film sono racconti che aprono finestre e porte dall’immaginario alla realtà. Per il successo di comunità di questa impresa è come se Mare Fuori resti nella vostra vita come un tatuaggio.
«Durerà a lungo, tutto questo. Ma è importante quanto questa storia abbia da un lato squarciato il silenzio sulla vita nelle carceri minorili. E allo stesso tempo rappresenti un inno alla seconda possibilità. E nel caso del mio personaggio, Nalitza, sia un paradosso utile a raccontare un altro problema femminile: la zingarella la libertà la trova dentro, dove tutti l’hanno persa. Perché fugge da un matrimonio combinato. E aggiungo che è una storia che racconta bene come amicizia e amore ci possano salvare».
I selfie, oltre alle compagne di sessione d’esame, però li chiedono a tutte le età. L’abbiamo visto nella sua visita alla mostra dei 145 anni del Messaggero.
«Dai 10 anni agli adulti: ci trovano uno spunto di riflessione tutti».
E invece ora, con molti del cast, vi ritrovate i super poteri in Noi siamo leggenda.
«Sì, stanno uscendo le prime foto di scena. Come dopo la maturità quando ti trovi all’università: Giacomo Giorgio, Nicolas Maupas. Da Mare Fuori emerge un fatto indiscutibile: ci sono tanti talenti che vedrete. Succede una cosa che fa succedere delle cose che compromette altre cose: capito?».
No, ma ci terrei a capire che giovane donna è lei.
«Mi piacciono donne come il ruolo che interpreto in Bardot, la serie sulla Brigitte: un carattere forte che non si lascia condizionare. E anche la Bardot lo era: lanciava la moda e poi la cambiava lei stessa. Comunque una donna non crocerossina, che non deve accettare ruoli assegnati, anche quello della madre. Penso al tema della violenza e qui ho scelto di essere al fianco delle colleghe di “Una Nessuna Centomila” che l’anno scorso a Campovolo hanno fatto nascere quello che ora diventa una Fondazione. Nell’industria cinematografica tanto sta cambiando: siamo fuori dal cliché della crocerossina che esiste solo in sostegno dell’uomo».
I suoi punti di riferimento?
«Lino Guanciale, una grande fortuna averlo incontrato: il mio consigliere. A me piace tanto Greta Scarano, ma dico anche che vedere una grande professionista come Anna Foglietta, capace di essere pronta ad aiutarti o scherzare, e fare con lei la serie di Alfredino è stato duro e bellissimo. Poi Carolina Crescentini, con noi a Mare Fuori, sentivi la mano stretta a qualcuno di cui fidarsi».
Si fida dei social?
«Argomento spinoso, ci hanno aiutato nel lockdown ma hanno dato l’illusione a troppi che tutto lì sia concesso e le cose non stanno così. Io nei social ci sono entrata quando la mia formazione di vita era analogica: io i libri li leggo cartacei… Serve un pensiero più approfondito e meno challenge. Ai ragazzi posso solo dire: confrontatevi con i vostri coetanei, quello di aderire alle challenge non è l’unica possibilità di essere nel gruppo».
E nella vita analogica ci sono gli esami all’università…
«E l’emozione che mi fa tremare le gambe per un premio o entrando qui al Messaggero. E mi piaccio così come sono ora e pensarmi libera quando sarò più grande».
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