Olimpiadi/ Elena Micheli: «Io, a Versailles con i miei 5 sport. Le avversarie? Le rispetto, alla fine c'è l'abbraccio»

Ci sono un carabiniere e due poliziotti: sembra, come dice lei, l’inizio di una barzelletta. E invece?

«E invece siamo noi tre fratelli: io, Elena, carabiniere, Roberto e Giorgio, i miei fratelli, poliziotti. Tre pentatleti».

Com’è andata?

«Da piccoli facevamo nuoto, vicino a casa, ai Parioli. L’allenatore di allora ci spiegò il pentathlon, lo provammo, è piaciuto subito a tutti e tre».

E voi al pentathlon. Per lei, Elena Micheli, 25 anni, oro ai mondiali di Bath nel 2023 e oro a squadre agli Europei di Budapest quest’anno, c’è Parigi in vista. Mai stata a Versailles dove si faranno le gare?

«Mai. A Parigi sì, ma non a Versailles: non vedo l’ora, un luogo colmo di storia e cultura».

Cultura come quella che l’ha portata a leggere “Il simposio” di Platone, alla vigilia di Tokyo 2020? Un po’ insolito fra i giovani…

«Lo avevo studiato ai tempi del liceo, andavo al Giulio Cesare, non che lo avessi particolarmente apprezzato allora… Poi l’ho visto su uno scaffale, sbagliavo allora…».

Adesso cosa legge?

«Ho finito “I pilastri della terra” di Ken Follett. Vorrei leggere subito un altro libro suo. Ma forse no: mi sto forzando, perché mi piace cambiare».

È per questo che ha scelto il pentathlon, cinque meglio di uno?

«Può darsi. Effettivamente mi piace uscire dall’acqua e fare un’altra cosa; magari cinque sport può essere complicato a livello organizzativo, bisogna pure dosare le forze. Ma sempre la stessa cosa può pure annoiare: mi piace variare».

Il Giulio Cesare, liceo storico di Roma. Difficile mettere insieme sport e scuola?

«A scuola andavo abbastanza bene, ero, diciamo, da 7. Però le lezioni, l’allenamento, la stanchezza: alle sette di sera era dura tirare su un vocabolario… E nel mondo della scuola lo sport non era il primo pensiero, toglievano pure la corsa campestre… Forse preferivano una ragazza al pianoforte… Ho incontrato qualche tempo fa una professoressa, mi ha detto “forse non avevamo capito”. Già, le assenze eccetera eccetera. Ma lo sport era già la mia vita. Oggi credo che l’ambiente sia più aperto verso gli studenti atleti. Mi sono iscritta alla Sapienza, due sessioni l’anno, se ti capitava una gara dovevi saltare o l’esame o la gara e quindi l’anno».

Saltava l’esame. Poi?

«Ho cambiato: mi sono iscritta alla Guglielmo Marconi, telematica, mi sono laureata in scienze politiche».

Tenete tutto insieme, casa, lavoro, amici, vita quotidiana, sport, alle donne probabilmente riesce meglio. Ma lei esagera… Di sport ne mette cinque… Il preferito?

«L’equitazione senz’altro. Perché siamo in due, io e il cavallo; c’è un dialogo, non umano ma è un dialogo; è quasi uno sport di squadra… Adesso mi sto allenando con quattro o cinque a turno ma il mio preferito si chiama Trio».

 

Però nel futuro toglieranno l’equitazione dai cinque sport e metteranno la corsa a ostacoli per gli atleti…

«Tolgono un pezzo di cuore per me. Il pentathlon ha subito molte variazioni: prima si faceva in cinque giorni e cinque luoghi, adesso tutto nello stesso impianto e in un’ora e mezza. La corsa a ostacoli poi… mi toccherà ricominciare con una disciplina diversa: non sono così agile e coordinata…».

Degli altri sport che dice?

«La scherma è il gioco dell’inganno, in senso buono. Sai che devi fare una cosa, quella cosa, e l’avversaria sa che la farai e viceversa. E poi c’è una stoccata sola, mica altre 14 per riparare».

 

E il tiro?

«È una questione di pazienza, di meticolosità, è statico e poi bisogna combinarlo nella laser run che è invece dinamico, il guizzo e la concentrazione, la fatica e il focus».

Quale occhio chiude per mirare?

«Il sinistro, miro con il destro».

E il nuoto?

«È introspettivo, è la sensazione da singolo; mi piace lo stile libero perché è il più veloce».

Altri sport in vista?

«Mi piace molto sciare: da bambina con i miei andavamo al Terminillo, ma poi è venuto il pentathlon… però mi è rimasto l’amore per la montagna».

A proposito di amore…

«Da un po’ mi sono trasferita vicino Roma, in Sabina dalle parti di Passo Corese con il mio compagno, Pier Paolo Petroni, pentatleta anche lui, e con i due cani, Amber e Rio, madre e figlia, due rottweiler».

Rio come le Olimpiadi. Come sono state quelle di Tokyo?

«Strutture bellissime, ma vuote; sono state Olimpiadi tristi per l’ambiente, le mascherine; a me piace il rumore, il pubblico, lo stadio pieno. Sono chiacchierona e mi piace sentire il rumore».

Lo stadio pieno per…

«Per la Lazio, naturalmente: sono laziale sfegatata, da mia nonna in giù lo siamo tutti in famiglia».

Rumore, anche musica? Sempre James Brown?

«Beh sì, e i Queen, e Rino Gaetano; mi piace tutto; in questo periodo un po’ di più i Coldplay».

Diceva che alle Olimpiadi voleva conoscere i campioni, specie Djokovic. Ora Sinner?

«Mi piace il loro approccio allo sport, da campioni. Il mio idolo era Federica Pellegrini: grintosa, un esempio»..

Che si aspetta da Parigi? Cosa, al momento, la attira di più?

«Il Villaggio soprattutto, i campi di gara che penso pieni; noi siamo uno sport, come si dice?, di nicchia; non ci capita spesso tanto pubblico».

E poi la location, Versailles… Ma non la rovinerete?

«Ma no. Adesso si è fortunatamente sensibili a certi temi: la sostenibilità, l’ecologia, gli impianti temporanei… sarà bellissimo».

E le avversarie? Iene o tranquille?

«Le rispetto tutte. Direi sane, alla fine c’è l’abbraccio; anche durante il torneo di scherma si chiude con sguardi che sono cenni di conforto».

Lei fa sport antichi, a Parigi arriveranno anche quelli da tiktoker, come la breakdance. La farebbe?

«No no: sono impacciata pure quando ballo».

Né uniforme né tuta. Come si veste?

«Sobria, mai trasandata, elegante senza esagerare».

Per andare a cena fuori, a mangiare che?

«Pastasciuttara, carbonara tutta la vita. E a tavola cellulare spento».

Buon appetito e buona conversazione.

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