Chiediamo subito il permesso a Paola e Chiara (Iezzi, ovviamente).
Il permesso di chiamarle Sorelle Tormentone. Non solo, anzi: sono mille cose più dei loro brani che avvicinano le persone d'estate (e non solo, appunto), sono «caleidoscopiche». E ora è “Festa Totale”, ma quest'inverno il successo è “Solomai”, prodotto dallo svedese Stefan Storm. Chiara che gira film con i divi hollywoodiani (presto sugli schermi per Under the Stars con Andy Garcia e Toni Colette); Paola che sta cominciando le selezioni da giudice di X-Factor . Ma sorridono quando propongo l'idea.
Sorelle Tormentone, dunque. Proviamo a partire da qui.
Chiara: «È bella l'idea: perché dietro quegli ascolti estivi, dietro il fatto che si sono appassionati alla nostra danza intere generazioni, che genitori e figli hanno vissuto un momento di gioia insieme è una cosa grande. Che resta. Ed è, la nostra, una musica che ti fa rilassare e vivere un momento bello. Pensa a quanti si sono messi insieme o hanno fatto di Amici come prima o Vamos a bailar la loro canzone del cuore. Tutti nella vita passiamo dei momenti neri, ecco magari quell'attimo di sollievo che regali è una cosa bella. Aggiungo che in quei balli ci si sente comunità. In fondo noi siamo un duo, siamo proprio noi una piccola ed essenziale comunità di esseri umani. È bello disegnare le estati degli italiani. Facciamo musica dance, ma nei nostri testi passa qualcosa per cui le persone si sentono capite».
Nel tormentone di questa estate, Festa Totale, soprattutto nel video l'idea di libertà da schemi e vincoli. Nell'amore che non ha geometrie predefinite.
Paola: «La libertà per noi è stata sempre il valore fondamentale: quelle parole semplici che usiamo racchiudono una riflessione dell'accettazione di sé e degli altri. Siamo nate come duo e rappresentiamo una comunità piccola, con i suoi problemi e le sue risorse».
Verremo al concetto di sorellanza: perché è interessante parlarne con due sorelle che sono in sodalizio vincente da hit, ma che hanno anche avuto una lunga parentesi di distanza. Dieci anni senza.
Chiara: «Ci vuole cura ad essere sorelle e restare insieme nel lavoro come abbiamo fatto noi. Ci siamo rispettate nei tempi per ritrovare la creatività. Abbiamo trovato un momento giusto per riprendere il sodalizio: ci siamo tenute a vista, ma abbiamo colto le nostre occasioni. Abbiamo visto la crescita delle due in modo non unilaterale. E abbiamo l’impressione che la gente ci voglia più bene ora».
Paola: «C’è qualcosa che accomuna le donne in una società costruita per il maschile. E non c’entra solo il maschio: ci sono cose così radicate che sembrano immutabili. E non lo sono: ho vissuto in Svezia e lì non è così. A due ore da Milano un mondo così diverso. Allora esiste, mi sono detta. Il fatto è che il mondo è troppo avanti per non vivere la sorellanza anche con gli uomini: il maschio deve essere più all’erta sulle questioni femminili, deve cambiare adesso. Il mondo va troppo veloce. Ed evolverci è l’unica cosa che può salvarci dalla rovina totale. Le donne sono fondamentali, ma senza gli uomini non ce la facciamo. Servono uomini aperti al femminile. Secondo me in ballo ci sono tre aspetti: il più grave è che questa è una società di bambini, la gente non vuole crescere. E se l’aggressività del bambino è contenibile facilmente, quella degli adulti no. E sfocia in violenza ed è un casino. Poi, patriarcato: il possesso privato non emancipa e non accetta. E poi la psicosi: la cosa importante è che non è la normalità, è gente che non sta bene, si deve approfondire il perché. Società iperviziata di bambini, in cui nessuno vuole rinunciare a niente. Non si può avere tutto: scelte e rinunce, questo va insegnato a scuola ai bimbi piccoli. Invece tutto ti fa credere che puoi avere tutto».
Dieci anni di separazione, di storie e cammini paralleli o divergenti. Come vi guardavate?
Chiara: «Quando si crea un team lavorativo che è anche familiare, ci creano anche dinamiche a cui siamo riuscite a dare un equilibrio giusto. All'inizio era una relazione simbiotica, eravamo più schematiche e piccole. Tutto semplice. Poi crescendo dovevamo evolvere e siamo diventate caleidoscopiche. Per un po’ ci siamo guardate da lontano, rispettando gli spazi dell’altra. Se sai sopravvivere lontano dalla famiglia scopri meglio te stesso, come sai sopravvivere, quali sono le tue energie. E migliori la tua autostima. Ha giovato tantissimo quel periodo: da fuori, agli altri, 10 anni sono sembrati tanti ma nella nostra percezione sono sembrati di meno. Ci siamo concesse di evolvere e ora siamo più abili a sopportarci. Sorellanza è anche non essere patriarcali tra donne. I 25 anni insieme sono un grande traguardo e conferma che hai tanti punti che ti uniscono. Staccarsi ti evita di inaridire, anche come artista. E alla fine sorellanza è anche vegliarsi l’una l’altra da lontano. Questo respiro più profondo ci aiuta anche sul palco e col pubblico».
Gli amori anche familiari fanno dei giri immensi e poi ritornano.
Paola: «Importante lasciare lo spazio, come dice Chiara. Guardiamo nelle coppie: lasciare aria. Le gelosie morbose sono quel pericolo di vivere da bambino: se sei sicuro di te, della tua parte maschile o femminile, non hai bisogno della gelosia. Leggevo della vicenda di Chiara Cecchettin e di storie simili e pensavo che in nome di un amore presunto si sfocia nelle tragedie. Ecco chi vive così dovrebbe andare in terapia, i troppo gelosi dovrebbero andarci: quello non è amore, è psicosi. E la psicoterapia servirebbe per tutti, per evolvere».
Nei percorsi paralleli c'è Chiara che da sempre recita. Di recente l'abbiamo vista fare la mamma di Clara in Mare Fuori.
Chiara: «Nella recitazione esprimo le emozioni che nella vita non ho coraggio di fare emergere con gli altri. È bello entrare nei panni degli altri, ti libera delle energie. È un po'… come fare terapia. Clara si porta fortuna da sola: è una persona di talento».
Per Paola un'estate di provini e non solo da giudice di X-Factor. Professore come Vecchioni che ha avuto come docente al liceo.
Paola: «Io penso che l'età nello showbiz aiuta. Poi ci sono quelli che hanno avuto percorsi che a 20 anni hai vissuto mille vite, io però oggi so che cosa vuol dire quando si spegneranno i riflettori di X-Factor. Gente come Madonna è stata ignorata per anni. Per me comunque questa chiamata è stata un sogno che si realizzava: la musica in tv è molto presente e poco narrata. X-Factor è il posto che esalta il romanzo di formazione del musicista: fa capire cos'è vivere di musica e raccontarla. Quanto a Vecchioni, averlo in classe è stato come avere il professor Keating dell'Attimo Fuggente».
Avete iniziato come coriste con gli 883: quei tempi rivivranno in una serie tv. Paola e Chiara meriterebbero una serie.
Chiara: «Sarebbe bello ed emozionante e mi divertirei molto. Soprattutto a scovare attrici e attori per interpretarla».
Paola: «La nostra è una storia piena di colpi di scena che può creare empatia e identificazione: siamo sorelle che realizzano un sogno, vivono le difficoltà di portarlo avanti e mantenerlo vivo a lungo… è la storia di due ragazze che realizzano un sogno e di tutte le difficoltà passate per mantenerlo vivo. Dalle sorelle».
Tutto è iniziato con “Amici come prima”, nel 1997; tutto si ricongiunge con grande “Furore” e la reunion del 2022. Festival è la vostra hit del 2002. Quanto dovete a Sanremo?
Chiara: «Da lì è nato tutto, ma è davvero bellissimo far parte di uno show unico come il Festival e tornare sempre con vesti nuove, visto che quest'anno abbiamo presentato il Prima Festival».
Paola: «Potevamo tornare insieme solo lì, stavolta con un'altra vittoria da inseguire dopo 10 anni separati. Volevamo celebrare l'amore e il rapporto strepitoso con la gente che ha premiato Furore al primo ascolto. Presentare il Prima è stato, invece, un bellissimo regalo di Amadeus: per una volta vivere Sanremo senza l'ansia del palco dell'Ariston, ma entrando nella macchina dei sogni dall'esterno del teatro».
A proposito di Sorelle Tormentone: i ruoli primari e le hit premiano nettamente più gli uomini nella musica italiana.
Chiara: «Io vedo artisti che in questo momento riescono ad emozionare di più, che sono in grado di recuperare quel gap storico che ci portiamo dietro».
Paola: «È indubbio che la musica femminile in Italia faccia meno numeri di quella maschile, ma rispetto agli anni Novanta-Duemila siamo cresciute tanto, anche commercialmente. Oggi vedo ragazze che non hanno più paura (come un tempo) di esporre temi forti o di osare ed essere più spregiudicate nell'immagine. Quando facevamo il nostro pop molti e molte ci guardavano come fossimo state aliene. Ma noi ce ne siamo sempre fregate. Abbiamo scritto e creato il nostro sound da sole: è stata una fatica farsi prendere sul serio. Ma il pop si è aperto al femminile anche da noi».
Grazie a Madonna e Taylor Swift, certo, ma anche a Paola & Chiara, le Sorelle Tormentone.